La legge n. 300/2000, tramite l'articolo 11 che conteneva la delega al Governo, ha stabilito i principi chiave relativi alla scelta di attribuire responsabilità amministrativa anziché penale agli enti. Questi principi includono criteri diversificati di incolpazione, a seconda che gli autori dei reati siano i vertici dell'ente o dipendenti comuni, l'applicazione delle norme del codice di procedura penale compatibili e l'imposizione delle sanzioni da parte del giudice competente a valutare il reato (commesso da individui o entità giuridiche).
Il D.Lgs. n. 231/2001 ha inizialmente elencato una gamma limitata di reati rispetto a quelli menzionati nell'articolo 11 della legge n. 300/2000. Tuttavia, è importante notare che il reato di omicidio colposo (e le lesioni personali colpose) causato dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro era già incluso nell'articolo 11, oltre ad altri reati correlati a carenze organizzative aziendali, come quelli legati all'ambiente e all'inquinamento.
Il legislatore ha successivamente ampliato gradualmente il numero e la varietà di reati associati alla responsabilità delle persone giuridiche attraverso vari interventi normativi.
Nonostante il D.Lgs. menzionato sia stato emanato nel 2001, la sua effettiva applicazione è stata inizialmente lenta, come dimostrato dal numero limitato di sentenze, comprese quelle della Corte di Cassazione, relative a questo argomento nei primi anni dalla sua promulgazione.
Il Decreto Legislativo n. 231/2001 regola la responsabilità degli enti collettivi e individuali per reati amministrativi derivanti da reati commessi da singoli individui dell'ente. Questo sistema sanzionatorio esce dai confini tradizionali del diritto penale, focalizzati sulla distinzione tra pene e misure di sicurezza, tra pene principali e pene accessorie, e tiene conto delle nuove costanti criminologiche delineate dal decreto.
Il Decreto Legislativo n. 231/2001 ha introdotto la previsione di responsabilità amministrativa per le persone giuridiche e fisiche nell'ambito penale. Questa responsabilità si combina con la responsabilità penale delle persone fisiche che hanno commesso il reato, purché quest'ultimo sia stato compiuto nell'interesse o a vantaggio dell'ente stesso.
Ad esempio, il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) si verifica quando si causa, per colpa, la morte di una persona violando le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo caso, il bene giuridico protetto è la vita umana, nell'interesse sia dell'individuo che della collettività. Il reato può essere attribuito a chiunque sia responsabile dell'osservanza o dell'attuazione delle norme di prevenzione o protezione, tra cui datore di lavoro, dirigenti, preposti e altri soggetti in posizione apicale.
Un modello SGSL (Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro) ai sensi dell'art. 30 del D. Lgs. n. 81/2008 può esimere gli enti da responsabilità per reati legati a lesioni o omicidi colposi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L'adozione del Modello 231 non è obbligatoria, ma è uno strumento utile per prevenire la commissione di reati e limitare la responsabilità sanzionatoria dell'azienda.
In sintesi, la legge 231/2001 si applica a tutte le imprese e organizzazioni e disciplina la responsabilità degli enti per i reati commessi nell'interesse o a vantaggio dell'ente stesso, relativi agli articoli 589 e 590 del codice penale. La responsabilità amministrativa è considerata sempre più dai magistrati inquirenti e rappresenta un passo significativo per contrastare la criminalità aziendale.